mercoledì 11 settembre 2013

Breve cronaca di un Sabato mattina al centro commerciale (mio malgrado) e dintorni.

Centro commerciale mediamente affollato per essere Sabato mattina, ma per me equivale comunque alla spianata di Woodstock ai tempi del glorioso concerto. Come ebbi già modo di dire, il Sabato al centro commerciale è il primo passo verso la misantropia. Ciò detto, di passaggio al terzo negozio quando sento la terza diversa commessa pronunciare la parola "vestibilità" sono a un passo dal chiederle cosa c...o significhi "vestibilità", ma non vorrei sembrare il solito polemico. E tra l'altro le signorine stanno lavorando, mentre io sono nel mezzo di un inglorioso cazzeggio e quindi propendo per il silenzio. E poi da qualche tempo sto cercando di darmi alla pratica zen. Esco dal centro commerciale e sulla strada del ritorno in prossimità di un incrocio, dopo aver messo la freccia (perchè io ancora metto la freccia), mi fermo in attesa di poter svoltare a sinistra così come il mio libero arbitrio pare mi consenta ancora di fare. A quel punto un gentile signore mi supera a destra e, ponendo il braccio fuori dal finestrino, mi indica il suo dito medio, mi par di capire imputandomi il fatto di aver deciso di uscire di casa e di essermi messo nella sua istessa direttrice, e quindi sostanzialmente ritenendomi responsabile di esistere. Svolto pacificamente a sinistra (certo, avrei potuto inseguirlo, tagliargli la strada, scendere dall'auto, rompere il finestrino con il calcio della pistola e ficcargli la due canne in bocca troncando in un sol colpo i suoi eventuali disagi futuri riguardo le esistenze altrui ponendo fine alla sua, e non nego che il pensiero mi abbia sfiorato per un attimo, ma insomma, siamo persone civili, non siamo mica a Napoli. E poi ripeto, sto cercando di darmi allo zen.) A questo punto ho considerato che la soluzione migliore sarebbe potuta essere quella di una bella camminata tra il sole e il verde del parco natura del Secchia al fine di riconciliarmi finamente con l'universo creato. E così è stato. Tra l'altro il Parco fluviale è la rappresenzazione in pillole della gloriosa civiltà emiliano romagnola: sentieri ottimamente manuntenuti, segnaletica abbondante che ti mette sull'avviso di qualunque accadimento o eventualità (manca solo che mettano il segnale "attenzione, passaggio formiche"), argini fatti con criterio e pulizia invidiabile. In questo celestiale contesto mi approssimo al sentiero, quando, da un terreno adiacente che circonda una vecchia fabbrica abbandonata, vedo, ma più che altro sento, una moto smarmittata condotta da un giovine ragazzotto che imperversa lungo il piazzale. Il rumore assordante contrasta fortemente con il contesto circostante, ma reprimo ogni disagio considerando che in fondo il giovanotto sta nel "suo", che sembra divertirsi e che dopo poco me ne sarei allontanato (eh, o' zen che ffà fà...). Per cui mi incammino lungo lo sterrato dell'argine con le cuffiette nelle orecchie godendomi un Pink Floyd d'annata. Ad un certo punto però, lo smarmittamento, da rumore ormai di lontananza, pare riacquistare tutta la sua prorompenza, tanto da oscurare la chitarra del buon Gilmour, finchè non vedo sfrecciare alla mia destra lo smarmittatore a folle velocità. Illo, tra l'altro, solleva una nuvola di polvere che mi investe nella mia totalità. Ma ho deciso di soprassedere, ho pensato che la polvere si sarebbe presto diradata e che in fondo sò ragazzi. (Certo, avrei potuto urlargli qualcosa e nell'eventualità di un suo arresto rincorrerlo e scaraventarlo nel Secchia, ma che diamine, siamo persone civili, qualche libro lo abbiamo letto e sappiamo come si sta al mondo.). Poco dopo però, vedo lo smarmittato in lontananza fare inversione e rilanciarsi verso di me a tutta velocità. Allora, una volta giunto in mia prossimità l'ho fermato con un gesto del braccio e cercando di farmi sentire nonostante il frastuono gli ho spiegato che quello era un sentiero 'ciclopedonale', facente parte di un parco e che quindi non era consentito di scorazzare a tutta velocità, per giunta senza casco, cavalcando un motore a scoppio. Anzi, a esplosione. (Non posso escludere che il mio tono non fosse perfettamente in linea con il contenuto di buon senso che andavo profferendo e che quindi non trasparisse un certo nervosismo, ma vi giuro che ci sto lavorando). Al che il giovanotto, alquanto spazientito, mi ha apostrofato con un "Ma non rompermi...." ( i puntini sospensivi non sono dovuti a motivazioni di buon gusto e autocensura, ma al fatto che effettivamente non ricordi cosa abbia detto, poiche dopo il "ma non rompermi" il mio cervello ha in qualche modo cominciato a funzionare a scartamento ridotto"). "Vuò vedè comm' te lascio cà n'terra?". Ecco, questa è la frase che mi è uscita senza neanche averla pensata. E tra l'altro devo averla detta con un tono e un espressione alquanto convincente considerata la velocità con cui, immantinente, il giovanotto ha abbondonato il luogo del disastro, scomparendo definitivamente dalla mia vista e dal mio udito. Perchè va bene lo zen, la civiltà e la letteratura, però in fondo restiamo sempre dei napoletani.

3 commenti:

Jane (Pancrazia) Cole ha detto...

Jaenada è tornato ed io sono felice!

skeggia di vento ha detto...

quanto mi sei mancatooooooooooooo

Iride ha detto...

Secondo me è il mettere la freccia che ti condanna all'esclusione, è come fare il gay pride in vaticano! ;D