sabato 23 agosto 2008



A Dallas....

Il giorno che Lee Harvey Oswald sparò a Kennedy, io ero a Dallas. Me ne stavo in una suite dell'Astoria in compagnia di Liz "tette d'acciaio" Mc Govern, a testare la veridicità della nomea che l'accompagnava grossomodo in tutto il Texas. All'epoca lavoravo per la "Lovable" e l'azienda mi aveva incaricato di trovare una modella che potesse essere la protagonista della campagna pubblicitaria per il lancio di una nuova linea di reggiseni.Peter Tennembaum, il mio assistente, mi aveva parlato di questa giovane ninfetta che il figliolo si era ripassato più volte, e che a detta sua e di moltri altri amici della International Texas University, aveva un seno sodo e prosperoso come raramente se ne vedevano. Liz si presentò per il provino con una generosa scollatura d'ordinanza e la prima impressione che ne ebbi fu senz'altro positiva. Ma la cosa che più mi colpì favorevolmente non fu il suo seno. Certo, a una prima occhiata non avrei che potuto confermare le cose che mi avevano riferito, ma contrariamente a ciò che mi sarei aspettato, Liz non aveva affatto l'aria della pin-up dallo sguardo voluttuoso e dal piglio ammiccante, ma piuttosto dava l'idea di una studentessa equilibrata e dall'intelligenza vivace. Quando cominciammo a parlare poi, quella che era stata solo un'impressione cominciò a trovare il conforto della constatazione. E più la conversazione progrediva, più si insinuava in me lo sconcerto sul come fosse stato possibile che una ragazza così intelligente e brillante, oltre che esteticamente sopra la media ,avesse potuto cedere ripetutamente alle lusinghe di quell' impiastro del figlio di Peter. Ma si sà, a noi umani è concesso esplorare, ma non decifrare i disegni dell'onnipotente.
Fatto sta che, mentre le mie orecchie ascoltavano Liz e i miei occhi ne scrutavano il seno, la mia mente, come una pallina da flipper impazzita, scartava velocemente dall'apprezzamento per la brillantezza delle sue affermazioni, al pensiero di come il suo seno potesse essere utilizzato per il lancio del prodotto, a come invece avrei potuto utilizzarlo io. Fu così che quando ebbi la forte percezione di una sirena dal suono acuto, pensai che la mia mente, oberata dall'affollarsi di tanti e tali intensi pensieri, fosse sul punto di esplodere e che quella specie di fischio fosse, alla stregua di quello che precede le bombe quando stanno per toccare terra,il segnale della fine imminente. Con mio notevole sollievo però, realizzai che la sirena era reale e che il suono non proveniva dalla mia testa infervorata, ma dal bel mezzo di Richmond boulevard. Pochi istanti dopo Peter entrò trafelato nella stanza dove ci trovavamo io e Liz urlando: "Dio mio, hanno sparato al Presidente". Sulle prime, in preda allo stordimento, pensai che avessero sparato al presidente della Lovable, ma la faccia sconvolta di Peter era un chiaro segnale che dovesse trattarsi di qualcun altro.
Quando realizzai a quale Presidente si riferisse il mio assistente, scattai in piedi, mi scusai con Liz e dopo essermi fatto lasciare il suo numero e averla rassicurata brevemente sul buon esito del provino, mi riversai in strada. Come un automa mi diressi nella stessa direzione da cui la gente in fuga si allontanava e verso cui invece confluivano le auto e le moto della polizia di Dallas. Fu quando svoltai all'angolo con la ventitresima che vidi dall'altro lato della strada una Lincon nera del '57, parcheggiata di fianco al marciapiede. Al posto del passegero vi era un uomo dall'apparente età di 25-30 anni, magro, castano, che non avevo mai visto prima (solo l’indomani seppi trattarsi di Oswald) e che era intento a contare freneticamente una voluminosa mazzetta di dollari. Alla guida invece, un uomo sui 35, stempiato, che nel frattempo si guardava intorno nervosamente, apparentemente smanioso di svignarsela il prima possibile. Restai veramente stupefatto quando ad un'occhiata più approfondita riconobbi nel guidatore della Lincon il mio amico Claudio.Eh si, era indubitabilmente lui. Ci eravamo conosciuti a Trastevere in Roma nell'oramai lontano '55 quando gli avevo fatto da fonico, ai tempi di "Buongiorno tristezza" . Eravamo rimasti in contatto per qualche tempo, prima che io partissi per gli Stati Uniti insieme a Rita, per poi, dopo qualche sporadica telefonata, perderlo di vista definitivamente. Di tanto in tanto però, dall'Italia mi giungevano notizie sul suo progressivo successo nel mondo del bel canto.
Ma cosa ci faceva il mio amico Claudio Villa a Dallas, alla fine di Novembre del ' 63? Attravesai la strada dirigendomi verso l’auto. Claudio, seduto nell’abitacolo, mi dava leggermente le spalle. Quando giunsi circa a metà della carreggiata, Oswald, che probabilmente mi aveva visto con la coda dell’occhio, ritrasse repentinamente la mazzetta di banconote infilandola nel giubbotto, e non appena arrivai nelle vicinanze dello sportello dal lato del guidatore, Claudio si voltò di scatto verso di me. Probabilmente se si fosse trovato in un vicolo oscuro faccia a faccia con Jack lo Squartatore avrebbe avuto una espressione meno contrariata. ” ‘A Frà,che cazzo ce fai qua?”, mi disse ringhiando. Rimasi interdetto. Non che mi aspettassi che uscisse fuori dall’auto zompettando allegramente intonando uno stornello, ma almeno un sorriso di divertita sorpresa mi sarebbe sembrato il minimo sindacale. ”Vattene fori dai coglioni”, ringhiò di nuovo. Avevo fatto solo qualche passo allontanandomi dall'auto, quando si sporse dal finestrino è urlò: “ ‘A Frà,scordate quello che hai visto oggi,sennò vengo tutte le mattine sotto casa tua a cantarte “Buongiorno tristezza". Ce semo capiti?”.
Solo oggi, per la prima volta, ho trovato il coraggio di raccontare ciò che vidi e sentìì quella mattina del 22 Novembre del 1963 a Dallas.

(Jaenada)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ma come diavolo ti vengono in mente?